Rete Teatrale Aretina

I brandelli di luce che ci rimangono

domenica 19 febbraio / ore 21.15 / Auditorium Le Fornaci

CANTIERE ARTAUD

debutto
idea e creazione Sara Bonci, Ciro Gallorano
con Sara Bonci, Chiara Cappelli, Ciro Gallorano, Filippo Mugnai e cast in via di definizione

I brandelli di luce che ci rimangono è il primo passo di un progetto di residenza artistica biennale che Cantiere Artaud, ospite di KanterStrasse, sta svolgendo fra Terranuova Bracciolini e Loro Ciuffenna.

In principio è una pagina bianca, che aspetta di essere riempita da un’idea, frutto di una ricerca meticolosa e di un desiderio folle. Nel vuoto di questo niente è germogliato Cecità di José Saramago: un fulmine a ciel sereno che ci ha fatto capire che era proprio il mare di latte che entra negli occhi di cui volevamo parlare. Volevamo immergerci nel suo universo annebbiato, capirlo da dentro e cercare di decifrarlo attraverso il linguaggio contemporaneo. Il degrado e l’odio di cui parla l’autore portoghese ci è parso così vicino a quello dei giorni nostri che abbiamo voluto proseguire la nostra indagine in direzione di tutti quegli artisti che della cecità hanno fatto la propria ossessione. Ci affascinava la cecità fisica, ma soprattutto quella mentale, metaforica. Ci siamo intrufolati dentro le storie di Shakespeare, da Re Lear a Otello, abbiamo rubato l’anima di Ofelia e l’inadeguatezza di Rosencrantz e Guilderstern. Abbiamo studiato Dürrenmatt e Sarah Kane. Di Pinter abbiamo assorbito l’idea di cecità come dimensione della non-esistenza, che annienta la personalità, crea disagio e desolazione. Ci siamo aggrappati alle storie di Borges e alle immagini di Goya, entrambi reali testimoni della perdita fisica dei sensi. Di questo viaggio letterario ne abbiamo estrapolato un percorso artistico e sensoriale, attraverso i colori e i suoni, le luci e le ombre, in cui il pubblico possa essere travolto emotivamente e fisicamente da ciò che lo circonda. Un concetto si tramuta così in suggestione, immagine, lasciando che sia il corpo (e quindi il tatto) a prendere il sopravvento, oppure si veste con le parole di una poesia e diventa suono, canto. Nella bocca rimane l’amaro della verità e il dolce della speranza.